Di calcio, calcetto e calciotto non vi parlerò, perché senza di me, l’unico vero Capitano, non si riesce a cavar fuori una partita: e questo la dice lunga…
Era, lunedì scorso, il mio secondo anniversario di nozze, bagnato.
E’ tradizione, oramai, che Giove pluvio palesi la sua forza in questa fausta data: alcuni di voi ricorderanno quale splendida giornata fosse il 10 dicembre 2005, mentre lo scorso anno, per non lasciare spazio a dubbi, io e mia moglie ce ne andammo a Londra, notoriamente città dal clima mite, e lì ci raggiunse com’è ovvio il re degli dei.
Un carissimo amico, del quale nel seguito capirete perché celo l’identità, con gesto davvero gradito, si è fatto in quattro per prenotarmi un tavolo in un buon ristorante, mediante un suo carissimo amico il quale, ovviamente, non fa il ristoratore ma conosce molto bene, diciamo che è un amico, del maitre di questo ristorante: insomma, la solita cosa all’italiana, l’amico dell’amico dell’amico (manca soltanto il “ueh, paisà!”).
Questo il prologo.
Il posticino si trova in una zona facile e veloce da raggiungere, quartiere borghese; arrivo in dieci minuti e, bonus per il ristorante, trovo subito parcheggio. Ha smesso di piovere: miracolo, bonus per Giove pluvio, perché mia moglie ha le scarpe nuove, col tacchetto fine, e l’acqua, oltre alla suola, avrebbe rovinato la serata; invece, fantastico!
Sono un briciolo preoccupato, perché considerato il quartiere, il rischio è di trovarsi in uno di quei posti, sai quei posti, quelli lì…
Apro la porta d’ingresso e, come galateo impone, precedo il coniuge: e faccio bene, perché mi viene immediatamente incontro il solerte maitre, al quale sciorino la mia prenotazione: lui mi dà immediatamente del tu, ho conferma che l’amico dell’amico è veramente amico; si è raccomandato di trattarci bene, dice. Ci accompagna al nostro tavolo e prende in consegna i nostri soprabiti, senza darci la volgare ricevutina con il numerino che ha dato agli altri avventori per lo stesso servizio: noi siamo speciali, ci manda l’amico dell’amico dell’amico…
Mi guardo intorno: l’ambiente, per dirla calcisticamente (è comunque lunedì e io resto sempre il capitano del TM), è liftato, con luci basse, boiserie, tovaglie linde, fiori e candele sul tavolo, musica in sottofondo; pochi clienti, meglio, saremo serviti con più attenzione.
Si parte in quarta: prosecco rosé e cocktail di scampi, all’antipasto ci pensa lui, il maitre, niente crudi per favore, niente primo, ho trentotto anni bisogna tenersi leggeri per migliorare la performance, a seguire un’orata al profumo di agrumi per lei, filetti di spigola ai carciofi per me, scelgo una ribolla gialla del 2003, aromatica e asciutta ma non troppo.
Semplicemente sublime la carta musica, o pane carasau, che ci viene offerta accanto al cestino del pane, condita con un olio fine e odoroso: avrebbe meritato una cena tutta per sé.
Inizia una cavalcata di sapori: spuma di pistacchio con merluzzo, millefoglie di melanzane con tonno, scampi alla catalana, moscardini in frittura, zuppetta di tonno; è finito l’antipasto, per fortuna, insieme a più di metà della bottiglia, ahinoi!
Qualche minuto di riposo e si passa al main course: l’orata è favolosa, la spigola non le è da meno.
Sono immerso nel trascendente, vivo l’estasi della papilla gustativa, sto avendo l’incontro ravvicinato con il penultimo boccone di delizia, ma…. accade qualcosa ….
Mentre la forchetta porta quel frammento di felicità verso la mia bocca, avverto aprirsi la porta d’ingresso del ristorante e, un attimo dopo, sento la voce del mio amico maitre: “Buonasera, Presidente”.
Mi corre un brivido lungo la schiena che arriva fino alla mano; con uno sforzo straordinario riesco a tenerla ferma e a portare a termine l’azione, serro le labbra, mastico con attenzione, senza alzare la testa. Deglutisco. Non posso più rinviare, alzo il capo: avevo avuto anche Giove pluvio dalla mia parte, ma porca miseria!
Non ho il minimo dubbio, è lui, non proprio Lui, ma lui: ma quanti presidenti c’abbiamo in questo paese? ma questo di che cosa è, oppure è stato, presidente? Ah, già! È presidente dei senatori azzurri, lui, Renato Schifani in persona!
Uno come quello, dico io, può presentarsi in un ristorante qualsiasi? Può rovinare così, di punto in bianco, una cena a due persone per bene?
Soprattutto, se il maitre è così in confidenza col Presidente ed è amico dell’amico dell’amico, che razza di amico è il mio amico? che posti frequenta? che gente frequenta?
Con questi dubbi cruciali passo ai dolci: tortino di cioccolato fondente, millefoglie con crema chantilly e frutti di bosco, mini seadas, dolcetti al cocco, ciliegie ricoperte di cioccolato, il tutto bagnato con mirto, limoncello e. volendo, grappa.
Oramai, però, la serata è distrutta, che ricominci a piovere, oppure no, fa lo stesso….
3 commenti:
Una cosa sola dirò:
il tuo amico è frocio!!!
l'amico dell'amico non può ambire a ristoranti frequentati dalla classe dirigente (presidenti, capitani), e ci accede solo se la cena gli viene offerta. Cosa che è successa, perché lui ha UN amico. Se Vasco mangiasse un po' di fosforo in più, invece che solo 'nduja, il lunedì vinceremmo a mani basse. Lunedi prossimo, cena di vigilia quindi di magro, terzo tempo a base di alici marinate e tagliatelle alla coda di rana pescatrice.
il problema è che se c'hai amici co la rogna, prima o poi te la piji... e quindi stai attento, caro il mio serosuke, agli amichetti che frequenti e inviti a casa tua.
per la cena, mica puoi fargli solo questo da mangiare a vasco: almeno un sauté di cozze se lo merita
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